LA MOLA

I MULINI DI PAGANICO
Era dal Fosso dell’Ovito, dove scorreva l’antichissimo rivo Paganico, che veniva sfruttata la maggiore quantità di acqua indispensabile per fare funzionare ben tre mulini a grano.
Il più antico a Paganico sembrerebbe essere quello citato in una carta contabile del 1559 sotto il governatorato di Marinpietro de Stagla mentre l’altro venne costruito o ricostruito da Prospero Bonanni nel 1564 durante la signoria dei Soderini e rientrava tra i beni spettanti alla baronia collaltese.
Un terzo mulino, detto la Mola nova verrà fatto costruire dai principi Barberini di Palestrina agli inizi del secolo XVIII. Già durante la signoria dei Soderini, nel giugno del 1559, le entrate derivanti dall’attività delle mole di Paganico erano significative ma la manutenzione continua, necessaria anche per gli straripamenti del fosso, richiedeva l’impegno di parte di esse.
A testimonianza di ciò troviamo nel 1668, oltre alle spese occorrenti per la manutenzione della Rocca e del Palazzo baronale di Collalto, quelle relativi ad alcuni lavori di accomodamento delle mole di Paganico e di Nespolo; in particolare vengono rimborsati Sicinio Lancia per avere apposto 19 pali e Marco Fratino per «avere rimenato l’acqua» alla mola paganichese.
Tutte e tre le suddette mole si trovavano edificate nella stessa area, la Piana delle Mole, distanti uno dall’altro solo poche centinaia di metri. Non è escluso tuttavia che delle mole paganichesi, quella che si trovava molto più vicina al fiume Turano potrebbe essere stata edificata per conto dei primi feudatari di Paganico, i Savelli, e ricostruita forse a seguito di qualche evento naturale dal Bonanni nel 1564. 
Probabilmente sulle preesistenze della prima Mola Barberini, in località “Pianemole” fu costruita una centrale idroelettrica che è rimasta attiva fino a tutti gli anni ’60 e che sfruttava con una condotta forzata la portata del fosso.

LA MOLA
L’Archivio Storico Comunale, conserva una notificazione del 22 Agosto 1866, a cura della Prefettura dell’Umbria – Circondario di Rieti, riguardante il permesso di profittare delle acque del fosso detto dell’Ovito per la erezione di un mulino a grano. Di li a poco tempo fu edificata la “Mola”, che si aggiungeva a quelle presenti nel “complesso di Pian delle Mole”, posto nel fondo valle alla confluenza tra il fosso dell’Ovito e l’allora fiume Turano. La Mola, così come la ricordano i nostri anziani, è rimasta attiva fino alla fine degli anni ’70, prima di divenire anch’essa un rudere, restaurato poi nel 2001 con un intervento, ideato e finanziato nell’ambito del programma dell’Unione Europea denominato “Albergo Diffuso”. L’ostello realizzato, modesto nelle dimensioni, ma gradevolissimo ed estremamente suggestivo per la localizzazione quasi drammatica nelle forre dell’orrido dell’Obito, conserva ancora i resti delle macine e quelle di adduzione e accumulo dell’acqua stessa (refote). Alla fine degli anni ’90 avevamo ancora un rudere che, passando di li, ci riempiva di tristezza; oggi abbiamo uno splendido edificio che ci riempie d’orgoglio. L’”ostello” realizzato, modesto nelle dimensioni, ma gradevolissimo ed estremamente suggestivo per la localizzazione quasi drammatica nelle forre dell’orrido dell’Obito e per la musicalità travolgente e vivificante delle acque impetuose del fosso, speriamo che possa entrare al più presto nel circuito delle offerte turistiche provinciali e regionali. Speriamo sia parte dignitosa della specifica comunicazione promozionale e possa essere a pieno titolo presente alla Borsa Italiana del Turismo ed, in specie, di quello giovanile. Recuperato l’edificio, ci si auspica di poter recuperare anche le strutture di adduzione dell’acqua che girava la turbina dell’ex mulino, e quelle di accumulo dell’acqua stessa (refote) nonché l’intero macchinario che consentirà di rivedere, e di scoprire da parte dei ragazzi, l’intero procedimento di macinazione del grano e di produzione della farina secondo gli antichi e suggestivi criteri: un vero centro di interesse naturistico e didattico.

Curiosità sulle mòle ed il macinato
Oltre la Mola comunale situata nelle gole dell’Ovito, in località “Pianemole” erano presenti altri mulini. Alcuni ruderi sono ben visibili nei pressi della confluenza tra il fosso dell’Ovito ed il fiume Turano in due punti poco distanti tra loro subito sotto la strada provinciale, mentre numerosi documenti, reperti archeologici e immagini attestano l’esistenza di un altro mulino anche nei pressi dell’edificio dell’Officina Idroelettrica dismessa, a monte della strada provinciale. Il complesso di “Pian delle Mole” ha rappresentato quindi un elemento “vitale” per l’economia locale dei secoli scorsi. Contro l’introduzione della tassa sul macinato, ci furono nelle nostre zone delle vere e proprie sommosse popolari con la complicità delle autorità locali.

Disordini alle Mole
Atti di Polizia 13/08/1848 – <<27/06/1848 … dopo aver caricato d’ingiurie quel Ministro … e prepotentemente aperta la mòla, volle ridurre a farina il grano che portava senza pagamento di dazio>> <<03/08/1848 … 13 persone tra cui tre donne, armate di accette, bastoni, … ed altri rustici istrumenti e con minacce d’incendio obbligarono i mugnai ad alzarsi dal letto>>.
Un episodio più moderno (1944) e più leggero riguarda un popolare mugnaio che, colto a macinare grano senza “tessera” e tradotto in giudizio presso il tribunale di Rieti, si difese argomentando che trattatavasi non di grano ma di “sciattume” (granaglie da scarto) utile a ravviare la mola (in qualche modo, a “rinsaporirla”) dopo un periodo di fermo; ed al giudice che, non cogliendo il significato del termine dialettale ribadiva l’accusa di aver macinato grano, replicò stizzoso e fermo:<<Oh’ fregna collo ranu! Era sciattume>>. E andò assolto. (Sergio Sagnoli)

Il fosso dell’Ovito
Nel corso della storia del nostro paese il fosso dell’Ovito è stato un elemento centrale per lo sviluppo di attività economiche e produttive. Agli inizi del ‘900, probabilmente sulle preesistenze della prima Mola Barberini, in località Pianemole” fu costruita una centrale idroelettrica che sfruttava con una condotta forzata (si veda Progetto di derivazione dell’acqua del fosso Obito” sett. 1913 – Paganico Sabino, ASP, Lavori Pubblici, b.1, Fasc.: lavori idrici) la portata del fosso e che è rimasta attiva fino a tutti gli anni ’60.

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Paganico Sabino è un comune italiano di 166 abitanti della provincia di Rieti nel Lazio

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